I VOTI CRISTIANI

di Luigi Gozzoli

IL VOTO DI POVERTÀ

Il voto di povertà (così antimoderno e così evangelico) nasce dal consiglio di Gesù al "giovane ricco":se vuoi essere perfetto dona i tuoi beni ai poveri, poi vieni e seguimi.

Precisa il testo che: quel giovane se ne andò "triste" perché aveva molti beni.

Due considerazioni logiche si possono fare" subito. La prima:i beni eccessivi producono tristezza e non gioia. La seconda,uccidono la libertà individuale di scelta perché per progredire nella vita dello spirito non basta uno sterile desiderio di miglioramento: occorrono dei fatti. L'esempio più illustre di uomo votato alla povertà,nei primi secoli della chiesa, ci é stato trasmesso dall'eremita Antonio Abate (250-356 d.C.), ultracentenario monaco egiziano,la cui vita ci é stata tramandata da Sant’Atanasio che fu anche suo discepolo.

Antonio, lasciate alcune cose alla sorella, vendette tutte le sue proprietà, distribuì il ricavato ai poveri e si ritirò,anacoreta nel deserto dove: visse a lungo, stimato dagli uomini che lo andavano a cercare per consigli ed amato da Cristo, di cui ricalcò le orme con una vita tra difficoltà estreme e tentazioni diaboliche. Oggi, anni duemila,ci chiediamo se in un mondo economico globalizzato,indurito dal consumismo e distratto da mille stranezze, sia possibile ed abbia un senso il voto di povertà. Prescindiamo dalle persone consacrate (monaci e suore) e dai sacerdoti che operano all'esterno in un ambiente secolarizzato e per i quali i voti cristiani rappresentano il DNA della loro vita. Ma l'uomo comune,il fratello e la sorella, il capo famiglia, il lavoratore, il dirigente come potrebbero oggi rispettare il voto di povertà? Vendendo i propri beni e mandando i famigliari sul lastrico? Non a tutti Gesù ha fatto la proposta del giovane ricco o quella rivolta ai suoi discepoli od alle donne che lo assistevano coi loro beni. Per non creare confusione di concetti distinguiamo fra povertà (distacco dalla roba) e miseria (mancanza del necessario): mettere i propri beni in comune é un fatto positivo di assistenza fino a quando ci sono dai beni. Altrimenti si socializza la miseria! Successe anche alla prima chiesa di Gerusalemme dove i cristiani, in attesa di una parusìa (venuta del Signore) allora considerata imminente, vendevano le proprietà e mettevano il ricavato in comune (Cfr At 2,42). Ma, se non ci fosse stata la Provvidenza, sotto forma di. collette, (elemosine) delle: comunità paoline, quel sistema sociale non avrebbe:, retto a lungo. ? vero però che (secondo Atti 4,32) "nessuno dei primi cristiani riteneva sua proprietà quello che gli apparteneva". Dunque, erano distaccati dalle cose e non provavano il desiderio parossistico della proprietà privata. Proprio come insegna la Bibbia (Prov 30,8) "Signore,non darmi né miseria né ricchezza."