I MIRACOLI EUCARISTICI

di Massimo Craboledda

 

            IL MIRACOLO EUCARISTICO DI FERRARA

 

         La basilica di S. Maria in Vado a Ferrara, ricostruita in forme rinascimentali fra il XV° e il XVI° secolo, ha origini molto antiche. Già intorno al VII° secolo la pietà popolare edificò sul luogo una chiesetta dedicata all’Annunciazione. Nei pressi scorreva un corso d’acqua che occorreva guadare per raggiungere l’edificio, onde ben presto la chiesa assunse il nome di S. Maria in Vado, cioè del “guado”. Essa custodiva, su un capitello, un’immagine della Vergine attribuita a S. Luca. La chiesa è, oggi, un vero gioiello d’arte, con un grandioso interno basilicale a tre navate, divise da colonne di marmo grigio, ed il soffitto ornato da ricchi chiaroscuri di età barocca che incorniciano grandi quadri. Nel braccio destro del transetto si trova la cappella del Sangue Miracoloso: qui un elegante tempietto del 1594, cui si accede tramite due scalinate marmoree contrapposte, racchiude l’originaria, piccola volta sovrastante l’antico altare, aspersa di Sangue eucaristico.

         L’evento di cui si conserva la reliquia in questa cappella avvenne il 28 marzo 1171, domenica di Pasqua. È opportuno premettere qualche riferimento al clima spirituale del tempo e, in particolare, ad una corrente ereticale cui nemmeno la fedele Ferrara sembra essere sfuggita. Si tratta del movimento della Pataria che aveva avuto origine a Milano oltre un secolo prima, nel 1045, come reazione di larga parte del clero e della borghesia, nonché dei ceti più umili della città, verso un’alta casta ecclesiastica corrotta e simoniaca. Fu, soprattutto, il maggior peso acquisito dalla nascente borghesia a creare una nuova esigenza di uguaglianza fra i ceti e di maggiore onestà e moralità nel clero. La successione del Vescovo Ariberto da Intimiano alla guida della diocesi milanese determinò una violenta contrapposizione fra il candidato dell’Imperatore Enrico III e quelli proposti dal clero milanese, uomini di elevata one stà e reputazione. La Pataria (nome derivante dal dialetto milanese ad indicarne, in modo spregiativo, gli adepti come straccivendoli o straccioni) si poneva, dunque, in origine, come movimento di sostegno al rinnovamento della Chiesa ed ebbe l’appoggio di diversi pontefici, fra i quali il grande S. Gregorio VII. Non è questo il luogo per ripercorrere quelle vicende tumultuose; di fatto, dopo una quarantina d’anni, la Pataria aveva esaurito la forza riformatrice ed era degenerata assumendo connotati manichei: fu perseguitata come setta eretica e condannata dal concilio di Verona nel 1184. Tra l’altro i patarini avevano finito col negare l’aspetto istituzionale della Chiesa ed il valore dei sacramenti, sostenendo un cristianesimo del tutto interiore. Quanto all’Eucaristia, ritenevano un inganno il credere alla presenza reale del Corpo e Sangue di Cristo nelle Sacre Specie.

         In questo clima torniamo al mattino di Pasqua del 1171 a S. Maria in Vado. Durante la solenne liturgia presieduta dal priore dei canonici regolari, Pietro da Verona, assistito da altri tre sacerdoti e da molti chierici, alla presenza di numerosi fedeli, mentre veniva spezzata l’Ostia, si vide fuoriuscire da essa un fiotto di sangue così veemente da aspergere la piccola volta che sovrastava l’altare. Si può immaginare l’emozione degli astanti. Fu subito informato il Vescovo della città, Amato, e quello di Ravenna, Gherardo, che accorsero per constatare di persona l’accaduto. Viste le numerose tracce di sangue sulla volta, sentiti i testimoni oculari, essi dichiararono e predicarono che quello era «vero, realissimo sangue miracoloso di Nostro Signore». Le tracce di sangue appaiono ancora oggi ben visibili.

         Sono molte le testimonianze sull’autenticità del miracolo compiutosi sull’altare della piccola chiesa di Ferrara. Fra di esse merita particolare menzione la più antica, a soli ventisei anni dall’evento, di Giraldo Cambrense, riportata nell’opera La gemma eucaristica”, ritrovata nel 1985 da Monsignor Antonio Samaritani. L’autore scrive dal Galles nel 1197 e ciò prova come il miracolo fosse già noto nel nord Europa. Leggiamo, fra l’altro, che «i cittadini di quella città, che quasi tutti erano stati patarini e professavano idee errate sul Corpo di Cristo, ritornarono alla Verità». Altro autorevole documento, datato 30 marzo 1442, è una bolla di Papa Eugenio IV, il quale si sofferma diffusamente sul miracolo avvenuto a Ferrara.

         Oggi la basilica è affidata alla Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, fondata da Gaspare del Bufalo (un Santo vissuto fra il XVIII° e il XIX° secolo) che Papa Giovanni XXIII° definì «il vero e il più grande apostolo del Sangue di Gesù nel mondo».

         Il miracolo eucaristico di Ferrara ci offre l’occasione per contemplare, alla luce della Scrittura, il valore redentivo del Sangue di Cristo. Presso gli Ebrei il sangue era considerato la sede della vita (“Non mangerete la carne con la sua vita, cioè il suo sangue” ordina Dio a Noè in Gen 9,4); da ciò ne discende il valore espiatorio e la funzione di primo piano nel rituale dei sacrifici e delle alleanze. Perciò l’autore della lettera agli Ebrei potrà scrivere: «Se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il Sangue di Cristo, che con uno spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente?» (Eb 9,13-14). Il Sangue di Cristo ha compiuto realmente la purificazione dal peccato che l’antico rito dell’aspersione (cfr Lv 16) poteva soltanto significare. Questo Sangue, effuso dal sudore del Getsemani fino al colpo di lancia ricevuto sulla croce, è realmente presente nelle Sacre Specie consacrate.

         Colpisce, nel miracolo eucaristico di Ferrara, l’abbondanza, la veemenza con la quale il sangue fuoriesce: non poche gocce, ma un getto forte che irrora visibilmente la volta sopra l’altare. Come se il Signore non intendesse soltanto testimoniare la sua presenza eucaristica, ma volesse dirci la potenza del suo Sangue e la sua forte volontà di purificare tutto il mondo: «Ho desiderato ardentemente mangiare questa Pasqua con voi» (Lc 22,15).