I MIRACOLI EUCARISTICI

di Massimo Craboledda

 

            MIRACOLI EUCARISTICI A TORINO

 

Torino, di recente alla ribalta delle cronache olimpiche, ha celebrato nel 2003 con una mostra e con altre rilevanti iniziative il 550° anniversario di un celebre miracolo che vi avvenne il 6 Giugno 1453, mercoledì dell’ottava del Corpus Domini, un miracolo destinato a segnare in profondità la vita spirituale della città nei secoli successivi.

Anni difficili, quelli, per il Piemonte e per buona parte della penisola. Carlo d’Angiò scendeva in Italia per unirsi alle truppe del ducato di Milano, guidate da Francesco Sforza, e tentare la riconquista del regno di Napoli. L’esercito di Ludovico di Savoia intervenne nel vano tentativo di contrastargli il passo: fu occupata Exilles, una cittadina della valle d’Oulx, ove la soldataglia si abbandonò a violenze e saccheggi d’ogni genere. Non venne risparmiata neppure la chiesa: tutto quanto era o pareva prezioso fu razziato, compreso un ostensorio contenente il Santissimo Sacramento. Caricato tutto su un mulo, i predatori si diressero a Torino, ove era evidentemente più agevole tentare di smerciare la refurtiva.

Ma il Signore aveva deciso di manifestare altrimenti la Sua gloria. Giunto in piazza del Grano, presso la chiesa di S. Silvestro, oggi dedicata allo Spirito Santo, il mulo incespicò nell’acciottolato e cadde, rifiutando di rialzarsi nonostante le bastonate. Dai sacchi rotolati a terra fuoriuscì l’ostensorio e, prodigio, l’Ostia si levò da sola in alto, rimanendo sospesa nell’aria, luminosissima, dicono le cronache, come un piccolo sole. Gran folla si radunò immediatamente; subito informato, accorse anche l’Arcivescovo, monsignor Ludovico di Romagnano, accompagnato da canonici e religiosi. Si prese a pregare adorando ed invocando: “Mane nobiscum, Domine!”, resta con noi, Signore! Il Vescovo chiese che gli fosse portato un calice e lo protese, supplice, verso l’Ostia: essa, lentamente, vi discese per essere accompagnata da una solenne e commossa processione alla cattedrale di S. Giovanni. Qui fu conservata per una quarantina d’anni, finché, per ordine della Santa Sede, venne consumata “per non obbligar Dio a fare eterno miracolo col mantenere sempre incorrotte, come si mantennero, quelle stesse eucaristiche specie”.

L’autenticità del fatto è comprovata da numerose testimonianze e documenti dell’epoca, fra i quali l’ordinanza del comune di Torino che disponeva la costruzione di una cappella presso il luogo ove il Signore si era manifestato.

Il miracolo incoraggiava, con evidenza, la fede nella presenza del Cristo nell’Ostia consacrata anche oltre la celebrazione della Messa (una settantina d’anni più tardi una corrente della galassia protestante avrebbe limitato al solo momento celebrativo la divina presenza sotto le sacre specie), ma doveva anche muovere gli uomini ad una consapevolezza più attenta e amorosa del dono che è posto nelle loro mani. Gesù ha promesso che non abbandonerà mai la Sua Chiesa: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20), ha detto prima di salire al cielo. Quell’Ostia luminosa, sospesa in alto, irraggiungibile, non adombra certo la minaccia di staccarsi dalla terra. E’, piuttosto, come se il Signore ammonisse: “Accorgetevi di me! Vedete come desidero stare con voi per darvi un amore incontenibile!” Come non rivivere, allora, nell’Ostia che discende lentamente nel calice per essere consumata dagli uomini, vero “pane disceso dal cielo”, il mistero dell’incarnazione, come non sentire personalmente viva e presente la donazione che il Cristo fa di sé fino alla Passione e alla Croce, di cui il Sacramento stesso è memoriale perenne?

L’importanza del miracolo ed il suo significato convinsero presto i torinesi dell’insufficienza della prima cappella costruita in memoria nel 1525 dal Sammicheli; nel 1598 si posero le fondamenta dell’attuale tempio dedicato al Corpus Domini. Il miracolo vi è raffigurato in un pregevole dipinto absidale, opera di Bartolomeo Caravoglia, allievo del Guercino. All’incirca al centro della navata una cancellata in ferro racchiude il punto esatto ove l’ostensorio cadde a terra; sul pavimento, all’interno del recinto, un’iscrizione invita alla preghiera e al santo timor di Dio.

Proprio pregando in questo luogo Giuseppe Benedetto Cottolengo, la sera del 2 Settembre 1827, fu ispirato a fondare la Piccola Casa della Divina Provvidenza, ed altri santi piemontesi, quali don Bosco e il Cafasso, attinsero qui luce ed energia per le loro opere. Davvero non c’è santità senza raccordo con l’Eucaristia, non c’è Santo che non abbia vissuto e raccomandato l’adorazione silenziosa e prolungata davanti al tabernacolo.

L’appellativo di “Città del Santissimo Sacramento” che Torino si era guadagnata doveva essere ancor più confermato da un secondo prodigio, meno conosciuto, che vi avvenne il 12 Maggio 1642, a quasi due secoli dal primo. Anche in questo caso sullo sfondo vi sono violenze e guerre fratricide. Si scontravano, con terribile massacro, gli eserciti di Maria Cristina, reggente il ducato di Savoia, e del principe Tommaso di Carignano, mentre la popolazione inerme cercava rifugio nei conventi. Nella chiesa dei frati cappuccini, dedicata a S. Maria del Monte, c’era quel giorno una folla di derelitti terrorizzati. Una compagnia di ugonotti, al soldo del principe Tommaso, forzata la porta, iniziò la strage degli odiati cattolici. Un soldataccio si avventò anche, brandendo un pugnale insanguinato, contro la porticina del tabernacolo e stava già per aprirla quando, dal sacro ciborio, si sprigionò una vampata di fuoco che lo investì in pieno. Scampato alla morte, fu egli stesso il primo testimone di quel segno prodigioso dinanzi al quale l’eccidio si arrestò, sì che molte vite furono risparmiate.

Non è, dunque, che il Signore non sappia difendersi da ogni sorta di profanatori, quando la “strategia” del Suo amore divino lo richiede. Il fatto che Egli celi normalmente la Sua potenza, sopportando, nella Sua croce, violenze e sacrilegi, se, da un lato, deve portarci ad adorare il mistero di un amore così grande, dall’altro non può distoglierci da un santo timore: la giustizia di Dio, che non verrà meno, sarà accompagnata da grande misericordia per quanti lo temono (Ps 103,11).